la gloria degli “oscuri” figli della montagna

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Anche nel gruppetto di case più esiguo, nel luogo più remoto non manca mai un monumento per piccolo che sia o almeno una lapide a ricordo dei caduti della prima guerra mondiale, ai quali spesso sono stati aggiunti quelli della seconda guerra mondiale perché, come dice una delle iscrizioni che ho raccolto in giro, “la guerra è una lezione che gli uomini non imparano mai“.

Anche a Cacciano, piccola frazione di Fabriano, nascosta in una piega dell’Appennino, ce n’è uno.

Piccolo, in un angoletto di fianco alla strada, chiuso dentro una ringhiera metallica, ma non gli manca niente: uno spiazzo con panchine, cipressi, obelisco, statua di soldato morente e lapide con i nomi dei caduti originari di qui e una iscrizione che merita un momento di riflessione.

La lapide porta la data 9 settembre 1923;  era il momento in cui in tutta l’Italia si diffondeva il culto della memoria dei caduti che erano stati tanti, troppi! 

La gente si mobilitava e nascevano comitati spontanei per raccogliere fra la gente i fondi per ricordare i tanti figli del popolo che non erano tornati, magari anche solo con una lapide che ne portasse i nomi. Queste iniziative venivano incoraggiate perché era il modo per raccogliere (e indirizzare verso il nazionalismo) il dolore e la ribellione che stavano nascendo contro chi aveva portato in guerra l’Italia, una guerra vinta, ma che aveva peggiorato le condizioni del popolo. Il malcontento e la ribellione crescevano e al Governo era appena salito Mussolini che bollava queste critiche come “disfattismo” e invece esaltava lo spirito guerresco e militarista riempiendo di retorica roboante i discorsi e le lapidi  sulle quali, spesso, si leggono frasi che oggi anziché senso di orgoglio patriottico suscitano indignazione.

caduti cacciano

Anche questo di Cacciano letto con attenzione fa nascere almeno commenti sarcastici, anche se ormai ci sta pensando il tempo a cancellare la stupida e cinica retorica di quelle parole rendendole difficili da leggere.

“9 settembre 1923

I caduti di Cacciano /  che dalla oscurità dell’origine / passarono alla gloria dell’immortalità /ammoniscono la nuova generazione  che la patria si serve  con il lavoro in pace col sacrificio in guerra / con l’amore della virtù e del dovere sempre.

Bevilacqua Luigi – Carletti Domenico – Perroni Vincenzo – Moretti Ascanio – Moretti…- Moretti Giambattista – Pelomori Antoni

Mi hanno colpito quelle parole: caduti di Cacciano – che dalla oscurità dell’origine – passarono alla gloria dell’immortalità.

Insomma fortunati quei soldati che poveri montanari, plebe, di origine oscura, di cui non si occupava nessuno, sono passati alla gloria dell’immortalità… 

Si, va bene per riuscirci sono morti, ma vuoi mettere? Adesso i loro nomi, che erano oscuri, sono qui sotto, incisi sul marmo, e tutti quelli che passano li leggono…

Mi stupisce che nessuno abbia preso a schiaffi chi lo pensò e lo fece scrivere qui. Forse non accadde anche perché all’epoca qui pochi sapevano leggere e scrivere (ed erano questi che le pensavano queste frasi). Tutti gli altri, oscuri e poveri analfabeti i cui figli erano “passati alla gloria dell’immortalità”,  “leggevano” solo il povero soldato morente e si commuovevano ricordando i figli, i fratelli, i mariti scambiando la retorica ipocrita con la pietà.

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