Chiusa in casa dalla pandemia del virus riguardo i miei ricordi dei piccoli viaggi con i quali esploriamo da sempre il nostro vicinato. Tante testimonianze di pandemie terribili che la gente affrontò con la sola speranza. Noi abbiamo armi scientifiche e comunicative impensabili allora. L’esperienza della peste portata dai lanzichenecchi fu così profonda e sconvolgente che ha lasciato un po’ dovunque dei segni ai quali spesso siamo diventati del tutto indifferenti, che vediamo senza più “leggerli”, ma ancora visibili e comprensibili a un osservatore attento, basta cercarli.
Ho raccolto qualcuna di queste testimonianze mentre mi chiedo: la pandemia che stiamo vivendo così totale e drammatica, lascerà un segno solo sui social?
Per me è stata una sorpresa scoprire che attorno a noi quasi del tutto ignorate ci sono, numerosissime, le testimonianze e la memoria di uno dei più spaventosi flagelli che abbiano afflitto l’umanità: la peste.
Alcune testimonianze sono molto drammatiche ed evidenti come questa pietra murata in un palazzo di Venafro in Molise che dice “nel 1503 ci fu il morbo (la peste, morbo per antonomasia) in Venafro durò fino al 1504 morirono 1200 anime” che, secondo un valente storico locale, era circa la metà della popolazione.
Altre ancora sono spettacolari come il muro della peste, una specie di muraglia cinese con la quale in Provenza cercarono di fermare il contagio e che adesso è diventato un motivo di attrazione turistica.
Altre testimonianze, più intime e meno appariscenti, sono quelle graffite sulle pareti delle chiese, che “sfregiano” gli affreschi pur di lasciare il ricordo di quando cominciò e soprattutto quando finì come in questo graffito di Paggese, dove la peste è documentata assieme al prezzo del grano e alle nevicate di aprile…
Ma innumerevoli altre testimonianze, di cui ormai non ci accorgiamo più, restano in certe chiese, specie in quelle dedicate alle madonne delle grazie; se si indaga appena un po’ si scopre che otto volte su dieci la grazia in questione era la salvezza dalla peste
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Altre chiese sono documento del passaggio della morte nera come quelle dedicate a San Sebastiano, protettore tra l’altro degli appestati, e anche a San Rocco il quale di solito è raffigurato mentre indica un bubbone che ha su una coscia… come questo, nella chiesina di Rocca di Montemonaco
E ancora ovviamente un San Lazzaro, da cui “lazzaretto”…. in questo splendido del porto di Ancona dove si cercava di evitare che con le navi arrivasse il contagio, oggi si tengono manifestazioni e mostre d’arte!
Ormai la peste non è più una nostra paura, e addirittura spesso nemmeno un ricordo, tranne in qualche luogo dove hanno la memoria lunga e soprattutto fedele.
Sotto i Sibillini, nelle campagne di Montemonaco, a Casalicchio c’è una chiesa dedicata alla madonna, che contiene una statua di San Sebastiano : qui ogni anno il 20 gennaio, con qualunque tempo, anche con la neve e la bufera, i cittadini di Montemonaco con gli amministratori e tutte le autorità vanno in processione, a piedi per alcuni chilometri, per assolvere ad un voto fatto cinque secoli fa, quando San Sebastiano salvò Montemonaco dalla peste portata dai Lanzichenecchi.
E, sempre per assolvere al voto, l’amministrazione comunale alla fine offre a tutti gli intervenuti pane, vin cotto e salsicce.
Chiudo questo percorso nella “piccola storia” della peste attorno a noi con l’auspicio di questo sacerdote del 1630:dalla peste, guerra e fame ci salvi il Signore Onnipotente
Ho un certo rammarico nel pensare che non potrò testimoniare quali segni avrà lasciato questo mostricciattolo che oggi ci minaccia, ma contro il quale abbiamo la speranza dei nostri antenati ma anche la scienza e la conoscenza.
nb. ringrazio per le notizie e la foto di Venafro l’arch. Franco Valente
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